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lunedì 19 ottobre 2009

Rubin "Hurricane" Carter


Correva l'anno 1976, per molti di noi un anno che riporta all'adolescenza e ai relativi ricordi.


La radio trasmetteva una canzone gettonatissima in quel periodo, "Hurricane" di Bob Dylan e molti di noi erano corsi a comprare il 45 giri, i più fortunati l'intero lp.


Una canzone lunghissima, tant'è che nel 45 giri occupava addirittura entrambe le facciate; sulla copertina era riportato l'intero testo ed io con alcuni compagni di scuola c'eravamo avventurati nella traduzione dall'inglese all'italiano, impresa che ci riuscì non senza difficoltà, e così facendo ce l'eravamo imparati a memoria.

A distanza di tanti tanti anni ancora la ricordo e vorrei qui ripercorrere brevemente la storia di questa canzone accompagnandola con questo video compreso di traduzione.


Il testo racconta la triste storia del pugile nero Robin Hurricane Carter, e di come, al culmine della sua carriera sportiva e quando stava per diventare campione del mondo, sia stato accusato di un triplice omicidio avvenuto in un bar di Paterson, New Jersey il 3 giugno 1966.


Furono uccise tre persone quella maledetta notte, ma una di queste non morì subito, fu trasportata in fin di vita in ospedale, e al suo cospetto fu condotto Hurricane, che non fu riconosciuto come uno di quelli che avevano sparato.

Nonostante questo la "macchina infernale" si era ormai messa in moto e, tra vicissitudini varie comprese manifestazioni popolari di protesta e solidarietà, il povero Rubin Hurricane Carter finì in prigione per ben venti anni, finchè un gruppo di cittadini canadesi si interessò al suo caso imponendo la riapertura del processo sulla base di nuovi elementi che lo scagionarono, e fu scarcerato nel 1985.


La canzone di Bob Dylan fece conoscere al mondo intero questa triste storia, anche a quelli che, non vivendo negli States, non seguivano molto i casi di cronaca americana.


Sicuramente è una vicenda che affonda le sue amare radici nel razzismo nei confronti dei neri, infatti per come si svolsero i fatti se ne deduce che volessero trovare un colpevole a tutti i costi, pur sapendolo innocente, e che fosse nero.... tristissimo!


Di questa, come di tante altre storie simili, spesso mi chiedo cosa sia rimasto, cosa la gente ricordi, cosa la gente abbia imparato.

venerdì 11 settembre 2009

Quell'11 Settembre 2001.... per non dimenticare mai


Pomeriggio dell'11 settembre 2001, un pomeriggio di fine estate, eravamo ancora in pieno jet lag poichè eravamo tornati da poco da un viaggio negli States, in California per la precisione, dove eravamo andati a trovare mia figlia che all'epoca viveva là.
C'era un bel sole quel giorno, proprio come oggi, anche se l'aria era ormai fresca mattina e sera, segno della fine ormai prossima dell'estate. L'inizio delle scuole era imminente. Ero sdraiata che stavo leggendo un giornale e quasi mi si chiudevano gli occhi, il jet lag ha un calo "fisiologico" dopo un pò di giorni ma per un pò il sonno ti coglie spesso a qualunque ora. Le mie bambine erano in cucina che guardavano un programma per ragazzi trasmesso alla tv, un pomeriggio come tanti, con la sola e notevole differenza della tristezza che dominava i nostri pensieri. Tornare da quei viaggi infatti non era solo un problema di jet lag ma la tristezza di esserci salutati con la speranza di rivederci, se andava bene, un anno dopo,ed era un qualcosa che non sarebbe passato come l'effetto del fuso orario.
Di colpo furono interrotte le trasmissioni per un'edizione speciale di un tg, tutto subito non si capiva cosa stesse succedendo, forse un incendio, una disgrazia o che altro? La realtà fu purtroppo ben chiara nel giro di pochi minuti, sopratutto man mano che le notizie diventavano più dettagliate, e subito lo sgomento ci colse in maniera profonda, perfin irreale, stentavamo a crederci, ci sembrava un brutto sogno, una via di mezzo tra un incubo e un mediocre film.
Una sensazione di freddo alle ossa, stranissima, mi colse all'improvviso e non mi lasciò più per giorni e giorni. Ci rifiutavamo di credere che la barbarie umana arrivasse a tanto per colpire il cuore di una grande nazione.
Mai potremo dimenticare quel giorno, ogni anno quell'11 settembre lo riviviamo minuto per minuto.
Forza America! Old Glory continua a sventolare fiera, pure se ferita a morte!

domenica 6 settembre 2009

allons-nous à Genêve ?



Ho trascorso qualche giorno a Ginevra, il tempo era bellissimo ma piuttosto freddo direi, soffiava infatti la "bise" che è un pò come la bora di Trieste, e una mattina presto c'erano 7 gradi, infatti abbiamo dormito con i piumoni!
Questa è una foto della città dall'alto, fatta dalla grande ruota panoramica che da qualche mese è stata installata nel parco adiacente Boulevard des Trancheès. E' visibile lo spettacolare Lac Leman, che è il più grande lago dell'Europa Occidentale (89 km³).
Il grandissimo getto d'acqua vicino al molo è visibile praticamente da tutta la città, così in qualunque punto vi troviate potete capire da che parte sta il lago. Passeggiate,parchi bellissimi e molto curati, maestosi e antichi palazzi arricchiscono la riva ginevrina del lago, e ci sono anche eleganti imbarcazioni che trasportano i turisti nonchè locali che si affacciano sull'acqua dove poter pranzare o anche solo prendere un caffè ammirando lo splendido panorama.
Ginevra riserva una gradita sorpresa a chi la visita e soggiorna in hotel, il biglietto gratuito per utilizzare i mezzi pubblici per tutta la durata del soggiorno, non male!

venerdì 7 agosto 2009

Pomeriggio a passeggio nel Medioevo.....



Caldissimo pomeriggio d'estate, un caldo a dir poco scoraggiante però chiusi in casa è un peccato pensando all'inverno che arriverà e ovviamente sembrerà interminabile. Decidiamo così di uscire per andare al Borgo Medioevale, nel Parco del Valentino, meta di molti torinesi specie la domenica e tappa anche di molti sposi il giorno del matrimonio per fare le foto, si perchè il parco è bellissimo nonchè molto curato e pieno di fiori e piante rare.
Essendo un giorno lavorativo il parco è pressochè deserto e troviamo posteggio a pochissimi metri dall'ingresso del borgo. Arriviamo con tramezzini e bibite, per una specie di picnic molto molto improvvisato tanto per goderci più possibile quel bellissimo posto senza pensare al pranzo.
Sono stata lì tantissime volte eppure ogni volta ha un fascino particolare, come se fosse la prima. Di colpo ci si ritrova in un'atmosfera quasi magica, davvero un viaggio indietro nel tempo. Pur non essendo originale medievale, ma costruito molti anni dopo in occasione dell'esposizione generale italiana, ha comunque un fascino molto particolare secondo me.
Ora alcuni brevi cenni storici sul borgo e sulla foto che pubblico:
Ideato da un gruppo di artisti e intellettuali coordinati da Alfredo D'Andrade e costruito in occasione dell'Esposizione Generale Italiana del 1884, il Borgo presenta forma, struttura, finiture e decorazioni scrupolosamente riprese da edifici quattrocenteschi del Piemonte e della Valle d'Aosta. La Rocca è aperta al pubblico, con un percorso di visita in cui la vita e l'atmosfera dell'epoca sono ricostruite negli splendidi ambienti della dimora del Signore con effetti di suoni, di luce e di profumi; il percorso comprende ora anche il "Giardino delle Delizie".
La casa nella foto è Casa Aschieri, da Bussoleno (Valle di Susa), con danza dei folli, affresco copiato dal fronte di un'osteria in seguito distrutta, a Lagnasco (Cuneo).

Per chi fosse interessato a visitare il Borgo Medioevale o comunque a saperne di più ecco il bellissimo sito web con tanto di visite virtuali:

http://www.borgomedioevaletorino.it/

giovedì 30 luglio 2009

Una tragedia.... che si poteva evitare?

La notizia ieri sera al telegiornale, che si segue spesso cenando. A Catania una giovane madre soffoca con un cuscino il suo piccolo di trenta giorni perchè, così diceva l'articolo, piangeva troppo e lei non ce la faceva più. All'orrore che si prova sentendo una simile notizia subito seguono i commenti di uno psicologo che parla di "depressione post-partum" e poi parla anche di "follia".
La stessa notizia descritta da giornalisti diversi cambia in alcuni particolari, e io faccio ovviamente riferimento a quel che ho sentito ieri sera al telegiornale.
L'articolo parla di una giovane con due bambini, uno di trenta giorni e l'altro di poco più di un anno, con una situazione affettiva instabile, pare avesse un compagno che non ha voluto neanche riconoscere suo figlio, figuriamoci come le stava vicino. Ho pensato a lungo, anche perchè ci sono passata e so come ci si sente dopo il parto, quando subentra una stanchezza fisica ma anche molto mentale, nel momento in cui invece avresti paradossalmente più bisogno di energie sia fisiche che mentali per far fronte alle nuove responsabilità, accudire un neonato e magari ci sono anche altri figli in casa, per cui pulire, lavare,stirare, cucinare ecc ecc quando la notte non puoi dormire perchè il piccolo piange e va accudito. Dopo qualche settimana di quella vita ci si sente davvero a terra in tutti i sensi. Spesso si sente dire che il parto non è una malattia o un intervento, ovvio che non lo è, ma spesso lo dicono persone che o sono medici maschi o comunque son persone che non han provato, bella gente queste cose bisogna provarle sulla propria pelle! Sia ben chiaro che NIENTE giustifica un gesto così orribile ma, come per ogni cosa, si cerca una spiegazione, cosa ben diversa, si cerca di capire se un fatto così grave poteva essere evitato.
Due bimbi piccoli significano non dormire di notte per seguirne uno e non dormire di giorno per seguire l'altro, e questo va avanti per mesi, aggiungiamo poi che di sicuro bisogna sbrigare un minimo di faccende domestiche e, anzi, con due figli neanche tanto un minimo. Se poi aggiungiamo una vita affettiva disastrosa e non viene difficile immaginare magari anche problemi economici beh... il cocktail è davvero esplosivo.
A questo punto mi sentirei di dire che piuttosto che usare la sindrome post-partum come capro espiatorio perchè non puntare il dito contro chi doveva stare vicino a questa donna e non l'ha fatto? La famiglia in primo luogo, dov'era? Aveva manifestato sintomi depressivi ed è stata ignorata o sottovalutata? Era seguita da qualcuno, tipo assistenti sociali, parrocchia o altro? Visto e considerato che sono fatti che non capitano poi neanche tanto di rado forse sarebbe ora di cominciare a porci certi interrogativi?
Resta la tristezza infinita di quel piccolo angelo venuto al mondo da poco, in questo mondo che così presto e così tragicamente ha dovuto abbandonare.....

lunedì 13 luglio 2009

Passeggiata attraverso la storia.......



Sabato scorso (11 Luglio) non era una giornata caldissima o, meglio, era un bel caldo secco e ventilato, l'ideale per uscire a passeggio. Siamo così andate io e mia figlia a fare un bel giro nel popolare quartiere di Porta Palazzo, camminando a lungo tra i numerosi e variopinti banchi dell'antico mercato. Dopo una breve sosta ristoratrice presso il dehor di un bar in Galleria Umberto I, abbiamo ripreso la passeggiata fino ad arrivare ai piedi delle Porte Palatine, che ho visto da vicino tante tante volte da quando abito a Torino eppure ogni volta è un'emozione, forse indescrivibile. Ci si ritrova per un attimo a fare un salto indietro nel tempo, fino al 25 A.C., anno in cui furono edificate. Ma ora qualche accenno storico: Le Porte Palatine, nome con cui è comunemente nota la torinese Porta Palatina (in piemontese Pòrta Palatin-a o Tor Roman-e), sono una costruzione romana che consentiva l'accesso da settentrione ad Augusta Taurinorum, la civitas ( la città) romana che oggi prende il nome di Torino. Gli imponenti resti dell'antica struttura sono visibili al centro di un'area aperta, l'odierna Piazza Cesare Augusto.
L'edificazione delle Porte Palatine, conosciute in epoca romana come Porta Principalis, è avvenuta tra la fine del
I secolo a.C. e l'inizio del I secolo, periodo a cui risale la fondazione di Augusta Taurinorum. Oggi l'antica Porta Principalis si staglia di fronte al visitatore con le due torri a sedici lati e il corpo centrale, ma solo quest'ultimo è opera autentica degli architetti romani. Le torri vengono erette in epoca posteriore e subiscono numerosi rimaneggiamenti nel corso dei secoli: i merli, ad esempio, sono aggiunti nel 1404.
Il nome Porta Palatina proviene da Porta Palatii, termine che indicava la contiguità del Palatium Imperiale alla fine del
XII secolo, un edificio divenuto poi sede dell'amministrazione comunale. Il Palatium ospita molte presenze illustri nel corso dei secoli, dai sovrani Longobardi ai controversi soggiorni di Carlo Magno e Carlo il Calvo.
Il processo di rinnovamento urbanistico avviato nei primi decenni del
Settecento da Vittorio Amedeo II di Savoia prevede la scomparsa delle Porte Palatine. Lo smantellamento non viene poi attuato grazie all'intervento dell'ingegnere Antonio Bertola, che riesce a convincere il Duca della necessità di preservare l'antica opera architettonica. Non si conoscono le argomentazioni addotte dal Bertola a sostegno della sua tesi, ma è lecito supporre che egli abbia evocato alcuni concetti impliciti nell'architettura romana: la cinta muraria intervallata da porte d'accesso non ha solo uno scopo difensivo, serve anche a marcare la differenza in termini di civiltà tra un accampamento barbarico e una civitas romana.
Nel
1724 l'edificio annesso alle Porte Palatine cambia la sua destinazione d'uso e diventa prima il carcere del Vicariato, poi un istituto dove sono detenute donne accusate di delitti comuni. Tra il 1860 e il 1934 una lunga serie di interventi cerca di restituire, per quanto possibile, l'immagine originaria delle Porte Palatine: si riapre l'antica duplice porta e si isola la struttura dal contesto urbano circostante, abbattendo un gruppo di vecchie case troppo a ridosso del monumento.
Le abbiamo attraversate con calma, immergendoci in quel breve ma emozionante viaggio nel tempo....... bellissimo!
(per gli accenni storici, fonte: wikipedia)

giovedì 2 luglio 2009

Una coppia di fidanzati giapponesi truffati a Roma.......

Una coppia di fidanzati giapponesi in viaggio a Roma si ferma a pranzo in un noto ristorante (così dicono le cronache), e al momento del conto si vede chiedere l'esorbitante cifra di ben 600 euro per un pranzo, compresi ben 115 euro di mancia! (a parte il conto esageratissimo ma da quando da noi nei conti dei ristoranti è compresa una quota-mancia?). Viene da chiedersi per una cifra simile che prelibatezze e rarità culinarie siano mai state servite ai due giovani? Macchè...... I due malcapitati, è il caso di dirlo, pagano, escono e si dirigono immediatamente nel più vicino commissariato a denunciare il fatto. La denuncia è per truffa ovviamente, ma non è tutto, dai controlli effettuati sul locale sono pure emerse gravi carenze igieniche oltre alla presenza nel ristorante di frigoriferi non funzionanti, bella roba davvero, non riesce difficile immaginare in quali condizioni venissero preparati i pasti venduti ai turisti a peso d'oro, che vergogna! Viene da chiedersi da quanto tempo andasse avanti la cosa e non solo, in quante altre città turistiche capitano fatti analoghi? Ancora per quanto passeremo per un paese di disonesti, furbi e intrallazzatori sempre e solo per colpa di qualcuno? Non mi aspetto le scuse dei responsabili, sarebbe troppo comodo, mi aspetto giustizia, ma quella vera, quella che ogni italiano ormai invoca ogni santo giorno. Personalmente, come semplice cittadina, vorrei poter porgere le scuse ai due fidanzati giapponesi, anche memore dello splendido trattamento che ho ricevuto quando sono stata in Giappone, dove una delle prime cose che mi ha colpita per tutta la durata del mio soggiorno là è stata proprio la correttezza delle persone che, in un ristorante o negozio che sia, hanno a che fare con turisti stranieri.

Nubifragio su Torino.......



Ieri nel tardo pomeriggio su Torino si è abbattuto un violentissimo nubifragio. Mi trovavo fuori casa, stavo guidando, quando il tutto si è scatenato in un attimo, cominciando con la pioggia violentissima (i tergricristalli alla massima velocità non erano sufficienti!) e cadeva anche la grandine. In un attimo si sono otturati i tombini, le strade si allagavano, l'acqua cadeva con così tanta violenza da rendere la visibilità scarsissima e dunque estremamente pericoloso il trovarsi alla guida di un veicolo. Eppure strada facendo non ho trovato dove potermi fermare in sicurezza, l'unica cosa da fare restava rendere il veicolo più possibile visibile accendendo tutte le luci e procedere più lentamente possibile, ma questo ovviamente non bastava o, almeno, sarebbe stata una procedura corretta se non fosse stato per i soliti imbecilli (e come altro definirli del resto...) che procedevano a tutta velocità, lo stesso come capita quando le strade sono ghiacciate oppure c'è la nebbia. Ad un certo punto un'auto, che procedeva ad elevata velocità mi è passata vicinissima sollevando un'onda di acqua praticamente, che per alcuni interminabili secondi mi ha azzerato la visibilità anteriore e laterale sinistra, siamo stati fortunati, se fosse sopraggiunto un veicolo o, peggio ancora, un pedone di corsa in cerca di riparo non oso immaginare come sarebbe potuta andare a finire. Ma siamo ancora tra i fortunati che sono tornati a casa sani e salvi. Non è andata altrettanto bene ad altre sfortunate persone, chi è stato investito, chi si è visto la casa bruciata da un fulmine, è anche morto un volontario dei vigili del fuoco, un bollettino davvero pesante per la mia città. Eppure stasera, mentre cenavamo, guardando un famoso telegiornale di cosa han parlato, oltre al resto ovviamente? Del nubifragio che un'ora prima era caduto su Roma..... e noi a Torino chi siamo? Cittadini di serie B? Del resto è quello che ci fanno sentire, altro che sentirci europei! Nemmeno italiani ci fanno sentire! Forse ne han parlato in qualche tg regionale, sta di fatto che non eravamo degni della prima serata.... Eppure i titoli di un quotidiano recitano testuali parole: "Uragano su Torino: fulmine centra casa, due bimbi travolti, morto un volontario dei vigili del fuoco", eppure non siamo stati degni di nota...........

martedì 16 giugno 2009

Voglia di torta?




Voglia di torta e in casa non c'è niente di dolce, magari è tardi ed è tutto chiuso, capita! Ma si può facilmente assecondare questa voglia improvvisa di torta con pochi,semplici ingredienti ed un forno a microonde.

Ingredienti:

4 cucchiai di farina
4-5 cucchiai di zucchero (dipende dai vostri gusti aggiungerne o meno)
2 cucchiai di cacao amaro in polvere
1 uovo
3 cucchiai di latte
3 cucchiai di olio vegetale
1 tazza adatta per microonde

Preparazione:

Mescolare prima farina, zucchero e cacao, quindi aggiungere latte,olio e l'uovo. Mescolare bene affinchè non ci siano grumi. Mettere a cuocere nel microonde alla massima potenza per 4 minuti. Spegnere il microonde quando il preparato esce dalla tazza. Lasciar raffreddare e servire magari su un piattino spolverizzando di zucchero a velo. Volendo si possono utilizzare degli stampi per muffins, in plastica, facilmente reperibili nei negozi di casalinghi, e l'effetto è quello che vedete nelle mie foto.

Dimenticavo! I dolcini sono opera di mia figlia ehehe

sabato 6 giugno 2009

Grazie, anonimo filosofo!



Giorni fa io e mia figlia ci siamo recate a fare la spesa al mercato che c'è in fondo al corso dove abitiamo. Dopo aver posteggiato come d'abitudine ho aperto il bagagliaio per prendere una borsa vuota da riempire poi con gli acquisti, e lì la nostra attenzione è stata attratta da una scritta sul muro di una casa adiacente il marciapiede dove mi ero fermata con l'auto.
Da notare, secondo me, la precisione con cui è vergata, senza sbavature di colore, senza errori e poi quel punto esclamativo finale che ne fa un monito, non trovate? I muri delle città sono pieni, purtroppo, di scritte che spesso sono un inno alla volgarità, al razzismo e altro e si immagina che magari siano scritte nottetempo con la paura di essere scoperti, per cui chi le produce non bada certo all'ortografia, non parliamo dei contenuti. Ma questa è ben diversa!
Vittime, non tutti lo siamo! Cosa mai avrà voluto dirci questo anonimo filosofo di strada? (visto e considerato quanto ci ha dato da pensare, e quanto ne darà magari a voi che leggete, non saprei come diversamente definirlo se non filosofo.....)
Forse che, pur credendoci vittime, non sempre lo siamo? Magari, chissà, il ruolo della vittima è in qualche modo attraente...... Oppure ci crediamo vittime anche quando addirittura siamo carnefici? O forse più semplicemente, e qua davvero divago, chi l'ha scritta è una persona suo malgrado relegata al ruolo di carnefice da un'ipotetica vittima che poi a conti fatti tanto vittima non è? Chissà...... Fatto sta che ne abbiamo parlato a lungo e ancora oggi, a distanza di giorni, ne riparliamo. Per una volta una scritta sul muro ci ha fatto pensare e riflettere a lungo, e non, come solito, pensare che c'è gente che non ha di meglio da fare.

martedì 14 aprile 2009

Saluti e ringraziamenti

Salve a tutti! Volevo pubblicamente ringraziare mia figlia, Mari, e Valella per i commenti che mi hanno scritto riguardo al mio articolo sul Reiki. Dopo aver scritto e pubblicato quell'articolo l'ho riletto un sacco di volte pensando che magari non era scritto bene, che non rendeva l'idea e di sicuro era incompleto. I vostri commenti invece mi hanno incoraggiata e non poco devo dire, grazie!
Rispondo alla domanda di Valella da qui poichè non ho un suo indirizzo e-mail. Ho frequentato il corso di Reiki primo livello presso l'Unitre, dove avevo cominciato a seguire alcuni corsi e quello di Reiki è arrivato ad anno accademico inoltrato, mi ci sono iscritta subito con entusiasmo, ero troppo curiosa! Il mio Master teneva corsi di Reiki anche in altre sedi, e io l'ho poi seguito quando ho deciso di iscrivermi anche al corso di secondo livello. L'esperienza è stata entusiasmante e gratificante, mai per un momento ho avuto dubbi o tentennamenti, ma tutto devo al mio Master che ha saputo spiegare le cose in maniera chiarissima e, sopratutto, al fatto che i livelli non ce li dava così nel giro di un giorno-due come fanno molti, cosa che, ripeto, secondo me è sbagliata. La fretta è sempre cattiva consigliera, in ogni cosa, e anche nel Reiki, bisogna capire bene cosa si sta facendo, fare domande, ottenere risposte, e prendere questa decisione in maniera se non altro consapevole. Molti dubbi possono rimanere anche dopo, è umano questo, però almeno si è sicuri di essere partiti col piede giusto. La mia fortuna, ripeto, è stata quella di incontrare un Master di quelli seri, che non chiedono soldi in cambio di attivazioni, per cui non devono attivare per forza le persone, si seguivano i corsi e solo chi se la sentiva arrivava all'attivazione e prendeva il primo livello magari fermandosi lì, altri, come me, han proseguito fino al secondo livello. Pubblico qua il mio indirizzo e-mail se qualcuno volesse eventualmente scrivermi e poter così comunicare più comodamente: thewallofuraganomary@yahoo.it
Grazie ancora!

domenica 5 aprile 2009

Reiki.......questo sconosciuto


Ho conosciuto il Reiki nel dicembre 2006, all'epoca frequentavo alcuni corsi presso l'Unitre, mi trovavo alla festa pre-natalizia della scuola e ci comunicarono che nel nuovo anno che stava per cominciare sarebbero iniziati tre nuovi corsi, tra i quali quello di Reiki. Dopo le lezioni che seguivo passavo sempre in bacheca a leggere comunicati e annunci, ma quella volta ricordo che ci sono andata con maggior curiosità, già da tempo, infatti, avevo sentito parlare di Reiki e avevo, anzi, scoperto che diversi miei compagni del corso d'inglese erano reikisti, io ne sapevo poco o nulla ma la curiosità ormai mi aveva presa. Mi sono quindi iscritta a quel corso non vedendo l'ora di cominciare la prima lezione e, per mia fortuna, non sono andata a documentarmi su internet o, come si fa spesso, sentendo voci in giro. Dico per fortuna perchè ora che sono passati più di due anni e, nel frattempo, ho conseguito due livelli Reiki, mi rendo conto di quante baggianate per non dire vere e proprie cattiverie si scrivono sul conto di noi reikisti e delle nostre pratiche. Indubbiamente ci sono persone che lo praticano o, peggio ancora, lo insegnano in modo scorretto e disonesto, ma quello penso succeda in ogni religione, filosofia, corrente politica o scuola di pensiero che dir si voglia, e non è il Reiki ad essere colpevole ma chi, appunto, lo pratica o lo insegna in modo scorretto e disonesto cioè chiedendo in cambio soldi, ecco il punto. Molti contestano il fatto che basti un giorno per conseguire un livello Reiki, e lì sono d'accordo, io ci ho messo due mesi per conseguire il primo livello Reiki e ad ogni lezione il Master ci diceva di meditare, di pensare bene a ciò che stavamo per fare, il Reiki avrebbe cambiato la nostra vita e anche se era una nostra scelta conseguire il livello o meno questa scelta, in quanto tale, non andava presa alla leggera. Il Reiki non è un punto di arrivo ma di partenza, bisogna intraprendere questa strada con serietà. Alcuni mi rendo conto che magari hanno avuto esperienze poco gratificanti, ma lì sempre tornano in ballo i soldi purtroppo! Alcuni master chiedono cifre non indifferenti per attivare una persona al primo livello Reiki e per giustificare la cifra richiesta devono rendere il tutto un pò, come dire, "coreografico", con cose tipo candele, incensi, musiche di sottofondo, e richieste tipo tenere gli occhi chiusi durante l'attivazione....insomma conferire un alone di mistero e di iniziazione a ciò che invece è naturale. Il mio Master ricordo che la prima lezione disse: "Quando avete male da qualche parte, fin da bambini, vi mettete le mani sul punto dolente, eppure nessuno ve l'ha insegnato. Ebbene,in quel momento vi state facendo Reiki". Dunque una cosa più che naturale, altro che magia o stregoneria come ho letto su un sito web di un religioso che addirittura diceva che noi reikisti abbiamo deliri di onnipotenza! Sinceramente commentare le sue parole sarebbe un vero e proprio spreco di energia, credetemi.
Il Reiki fa dunque parte della mia vita da poco più di due anni, ed è per me una pratica quotidiana. Ricordate che il vero reikista non fa proselitismo, propone ma non impone insomma, e sopratutto non chiede soldi in cambio nè tantomeno fa diagnosi oppure consiglia farmaci, non siamo medici! Abbiamo un'etica da rispettare anche noi e sicuramente la serietà del reikista si vede proprio da lì. In breve le cose che un reikista NON fa:
il reikista NON chiama pazienti le persone che tratta, poichè i pazienti sono quelli del medico, ma li chiamerà semmai "astanti".
il reikista NON fa diagnosi, sempre per il fatto che non è medico.
il reikista NON dice di interrompere l'assunzione di farmaci nè tantomeno consiglia farmaci
il reikista NON scoraggia l'astante ad andare dal medico, anzi, esattamente il contrario
il reikista NON griderà mai al miracolo nel momento in cui un astante guarirà o si sentirà meglio, perchè il Reiki è prima di tutto umiltà (alla faccia di chi ci accusa di avere deliri di onnipotenza, mi chiedo se tale persona abbia mai letto anche solo due righe sul Reiki)
il reikista NON vi chiederà mai soldi in cambio dei trattamenti, al limite può accettare un regalo, ma questa è una scelta personale, comunque il reikista NON ha un tariffario
il reikista NON vi mette le mani addosso, il Reiki si può praticare anche senza toccare l'astante, certo se c'è confidenza il fatto di appoggiare le mani è più comodo per il reikista ma diversamente funziona benissimo anche tenendo le mani a qualche centimetro di distanza dalla persona da trattare
il reikista NON vi chiederà MAI di spogliarvi, il Reiki passa anche attraverso gli indumenti, potrebbe chiedervi di togliervi gli oggetti di metallo che avete addosso, quello si, ma se vi chiede di spogliarvi non è un reikista, è qualcos 'altro, sta a voi capire cosa.....
Ho avuto la fortuna di incontrare un Master davvero in gamba, umile e che non vantava lignaggi (altra brutta pratica di tanti),oltre a non chiedere neanche UN centesimo per darci i livelli, e vorrei chiudere questo mio articolo ricordando le parole che spesso ci ripeteva: "Non bisogna credere al Reiki, il Reiki bisogna provarlo"

martedì 3 marzo 2009

Meat pie! Of course!


Alcuni giorni fa parlavo con un amico che ha vissuto in Australia, e lui mi chiedeva se per caso sapevo dove vendono le Meat pies, cioè le famose torte ripiene di carne, torte salate dunque, molto popolari in Australia. Io gli dicevo che non le ho mai viste in vendita qui da noi ma che si poteva fare una ricerca su internet per saperne di più, del resto abbiamo negozi che vendono di tutto e di più, non parliamo dei centri commerciali, e quindi ci siamo messi a fare una ricerca. Nel frattempo abbiamo trovato alcune ricette e prima ancora di scoprire se qualcuno vendeva le Meat pies già fatte abbiamo avuto l'idea di provare a farla. Il giorno dopo ci siamo forniti degli ingredienti necessari e ci siamo messi all'opera, lui a casa sua io a casa mia, insomma ci siamo cimentati nella preparazione di questa squisita torta salata "a distanza" , con l'accordo che alla sera ci saremmo raccontati ed eventualmente scambiati le foto delle nostre "creazioni", e così è stato!
La preparazione devo dire è stata facilissima! Ci siamo basati su una ricetta scritta da una ragazza che aveva vissuto a lungo in Australia e che ci era sembrata una delle più semplici da eseguire, semplice sia come ingredienti che come preparazione in sè.
Il risultato è stato splendido davvero! Favolosa quella Meat pie credetemi!
Qui vedete pubblicata la foto di quella che ho fatto io, fotografata appena sfornata.
Seguendo questo link invece potrete vedere la foto della torta fatta dal mio amico, con tanto di ricetta scritta, giustamente, in inglese: http://tjam.altervista.org/Tjam/Meat%20Pie.html
Che dire di più? Che è da provare! Facile, non costa tantissimo, è ottima sia tiepida che fredda il giorno dopo, e, secondo me, può diventare un piatto unico, accompagnata da una bella insalatona. Buon appetito!

martedì 13 gennaio 2009

La tecnologia fa passi da gigante.... alcuni dati



Se un pò di anni fa ci avessero detto che avremmo potuto spedire una lettera e quella sarebbe giunta al destinatario dopo pochi secondi, o che avremmo potuto vedere una persona che abita all'altro capo del mondo e parlarci anche,beh.... avremmo pensato di aver a che fare con qualche matto sicuro! Se ci avessero fatto vedere un piccolo oggetto da tenere appeso alla camicia dicendoci che lì dentro c'erano mille canzoni, anche lì... avremmo pensato al solito burlone! e se ancora ci avessero detto che potevamo visitare un museo rimanendo seduti a casa... veramente roba da chiamare i soccorsi ahahah! Eppure quei tempi non sono lontani, si parla in fondo di pochi anni fa. L'uomo ha sempre sognato un futuro fantastico, grazie anche alla letteratura prima e ai film dopo, un futuro dove ci sarebbero state cose incredibili che, in qualche modo, avrebbero reso l'essere umano simile ad un dio.Forse non molti sanno che il 1956 segna una svolta nel mondo tecnologico, in quell'anno infatti nasce il primo hard disk, ben lontano da quello che è oggi ovviamente ma intanto è stato quello il principio. Da allora fino ad oggi, e ancora sarà così per il futuro, le cose hanno cominciato a procedere ad una velocità a dir poco impressionante, e tutti lo possiamo constatare di persona. Un computer diventa velocemente obsoleto, per essere sostituito da uno più potente e più veloce, e con componenti sempre più piccoli. Internet ormai fa parte della vita quotidiana di milioni di persone, ed è diventato essenziale a dir poco per svolgere diverse attività, da quelle relative al lavoro a quelle istruttive o più puramente ludiche. Ma ora un pò di storia a partire da quel lontano 1956:

1956
Tutto inizia nei laboratori della Ibm. Il primo hard disk (sigla Ibm 305) era composto da 50 dischi dal diametro di circa 60 cm l'uno. Le dimensioni complessive superavano il metro e mezzo sia in lunghezza che in altezza.
La capacità? Cinque milioni di caratteri, ovvero 5 megabyte, più o meno come una canzone in formato mp3.La scrittura e la lettura avvenivano tramite un'unica testina mobile, che rendeva l'accesso ai dati estremamente lento.Pur essendo il primo hard disk, ancora non aveva questo nome: gli ingegneri lo chiamarono fixed disk (tanto che in italiano è rimasto in uso il termine disco fisso). Sarà sostituito con il nome hard disk solo nei primi anni '70, per differenziarlo dal floppy disk.

1961
Il 1961 è un anno fondamentale nell'evoluzione dell'hard disk. Se per cinque anni l'accesso ai dati avveniva con il movimento di una sola testina da un disco all'altro, con il modello Ibm 1301 ogni superficie ottenne una propria testina. Con il 1301 si ridusse significativamente il tempo di accesso: da un massimo di 800 millisecondi a 180. Ogni modulo era composto di 20 dischi e poteva immagazzinare 25 megabyte di dati.Sempre con il modello 1301 veniva ideato il meccanismo di sollevamento della testina mediante l'aria, ancora in uso, che garantiva prestazioni maggiori.

1973
Il modello 3340 Winchester della Ibm è considerato il vero antenato dei nostri dischi fissi. Fu il primo ad essere sigillato con tutti i suoi elementi (dischi, bracci e testine). Questa versione "chiusa" garantiva una velocità di accesso molto maggiore: il tempo fu ridotto a 25 millisecondi. Una rivoluzione, tanto che per molti anni il termine Winchester è stato sinonimo di hard disk. Ma perché Winchester? Il modello 3340 prese il nome in onore del fucile "30.30 Winchester" perchè era composto da due dischi da 30 megabyte ciascuno. Riportano gli annali che Kenneth Haughton, a capo della produzione del 3340, abbia detto: "Se è un 30-30, allora deve essere un Winchester".

1980

A cambiare radicalmente la tecnologia e l'informatica ci pensò l'ST-506 della Seagate Technology. L'ST-506 fu il primo hard disk da 5,25 pollici (poco più di 13 centimetri), con una capacità di 5 megabyte. Una riduzione significativa delle dimensioni, ma non solo: fino a quel momento, gli hard disk occupavano spazio e richiedevano molta energia elettrica, tanto che alcuni dischi avevano bisogno di una alimentazione dedicata.
Queste limitazioni erano così stringenti che l'Ibm - che pure gli hard disk li aveva inventati - produsse il primo computer senza disco fisso e adottò immediatamente l'ST-506 sui propri personal computer.

anni '90

Comprare un computer oggi vuol dire avere almeno un disco fisso da 40 gigabyte. E non è certo un hard disk capiente: sul mercato ci sono dischi che contengono fino a 750 Gb. Anche sulle dimensioni si è lavorato molto: gli hard disk moderni hanno dimensioni inferiori ai 3,5 pollici (tra i 4 e i 9 centimetri). Ormai è quasi un'invasione: gli hard disk non sono solo nei computer, ma anche nei lettori mp3 e nei cellulari; sono necessari per il web (server e siti di social networking cosa sono se non enormi hard disk?) e li stiamo usando per mandare in pensione videocassette e pellicole fotografiche. Limiti allo sviluppo non se ne vedono: basti pensare che l'americana Seagate sta portando avanti degli studi per arrivare alla capienza di oltre 7 terabyte su hard disk da 3,5 pollici: una capacità pari a quasi 8mila gigabyte

fonti: la prima parte dell'articolo è mia, per la storia dell'hard disk ho seguito questo link : kataweb http://multimedia.kataweb.it/societa/50anniharddisk/2006.html